Bankitalia: prestiti personali ancora in calo

In questa categoria rientrano i prestiti al consumo, i cui mutuatari possono utilizzare l'importo come meglio credono. A fine marzo 2023, i prestiti privati, in Italia, rappresentavano un importo in essere di circa 96,5 miliardi di euro, ovvero quasi la metà dell'intero credito al consumo. Il resto è costituito da prestiti dedicati all'acquisto di alcuni prodotti, tra i quali le auto nuove (+10,5% nel secondo trimestre per un volume di 2,58 miliardi di euro), grazie alla ripresa delle immatricolazioni. 
Dopo l'aumento di luglio scorso, che aveva fatto registrare un +0,5%, la discesa è ricominciata inesorabile. Così, ad agosto, i finanziamenti personali sono scesi dell'1,9%, rispetto allo stesso periodo del 2022. Da marzo a giugno, secondo i dati pubblicati da Bankitalia, sono stati concessi prestiti alle famiglie per oltre 2,75 miliardi di euro.

Nell'insieme, i crediti al consumo sono diminuiti del 4,7% nel terzo trimestre 2023, con 12,19 miliardi di euro di nuovi finanziamenti. Dalla caduta libera non si salvano nemmeno i mutui immobiliari: nel secondo trimestre del 2023, sono crollati del 40,8%, su base annua.

 

La ripartenza in autunno?

Secondo gli analisti, nel primo semestre la domanda di prestiti è diminuita del 20% rispetto al 2022, soprattutto a causa dell'aumento dei tassi, saliti dall’1,20% di gennaio 2021 al 3,08% di maggio 2023.
A fare da contrappeso c'è il leggero calo dei prezzi immobiliari, che non ha, però, compensato la diminuzione della capacità di prestito e così il numero di pratiche non finanziabili, a causa di un tasso di debito molto superiore a quello richiesto dalle autorità, è aumentato dal 22% di gennaio 2021 al 33% di giugno 2023. Tutto nero? Niente affatto. In autunno, secondo gli esperti si raggiungerà il fondo, poi dovrebbe cominciare una lenta ripresa, che diventerà visibile entro l'estate 2024.

Nei prossimi mesi, infatti, si prevede che i tassi d'interesse raggiungano il 4% e che si stabilizzino per un po' a questo livello, permettendo al settore immobiliare di tirare il fiato, soprattutto se le banche cominciano a tornare alla normalità. Ma come? L'aumento dei tassi, in realtà, dovrebbe sortire risultati positivi per le famiglie: i maggiori incassi, infatti, consentiranno agli istituti di riaprire i gangli dell'accesso al credito, diventati sempre più restrittivi, negli ultimi anni, proprio a causa dei margini esigui e, di conseguenza, dei rischi. Nei prossimi mesi, dunque, se è vero che chiedere un finanziamento costerà di più, è anche vero che dovrebbe essere più agevole. Il banco di prova sarà l'inverno: gli economisti, per ora, non si sbilanciano in previsioni e attendono la prossima comunicazione delle BCE, che dovrebbe arrivare per metà ottobre.
 


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Bankitalia: prestiti alle imprese ai minimi storici

Non c'è da stupirsi. A farla da padrona è il buonsenso: le imprese non ragionano diversamente dalle famiglie. I tassi sono alti? Bene, chiederanno un prestito quando scenderanno. Gli investimenti possono attendere. 
E così le domande di credito, nel 2023, toccano il livello più basso da quando esiste questo censimento, ovvero da 20 anni. Il calo riguarda tutte le imprese, ma il freno maggiore investe quelle di piccole e medie dimensioni (PMI). A conti fatti, la caduta si attesta sul -2,3%, ad agosto 2023, rispetto allo stesso periodo del 2022, una performance negativa senza precedenti che non promette nulla di buono, almeno nel breve periodo.

 

Rischio di investimento

La tendenza verso una forte stretta creditizia è una prova evidente dell’impatto delle politiche monetarie sull’economia reale. Meno credito significa automaticamente meno investimenti, un più basso incremento della capacità produttiva e, quindi in definitiva, meno posti di lavoro creati.
E poi, altro grosso problema, questa stretta creditizia arriva in un momento in cui le aziende devono investire per decarbonizzare l’economia e garantire la transizione ecologica. Ecco dunque, davanti ai nostri occhi, l’indicatore che mostra chiaramente che l’economia italiana (al pari di quella europea) sta soffrendo a causa delle politiche perseguite dalle Banche Centrali, che però, cercano di arginare il mostro dell'inflazione e limitare i danni. Rimedi che, finora, hanno mostrato risultati esigui: purtroppo il trattamento è destinato a continuare.

 

Margini di manovra ristretti

Sospendere l'aumento dei tassi d'interesse sarebbe logico ma è facile a dirsi più che a farsi. Tra luglio dello scorso anno e oggi la Bce ha alzato i tassi dal -0,5% al ​​+3,5%, per frenare l’inflazione ed evitare un’impennata incontrollata dei prezzi. Impennata causata, a sua volta, dalla guerra in Ucraina e dall’aumento dei costi dei trasporti. Le banche centrali – sia la BCE in Europa sia la Federal Reserve - insomma, hanno avuto le mani legate, per cercare di far rientrare gli incrementi attorno al 2%. La manovra, in realtà, non sembra aver sortito gli effetti sperati, con con l'inflazione che segna aumenti compresi tra il 4% e il 6%. Davvero troppo.